PARROCCHIA SAN GABRIELE DELL'ADDOLORATA

CHIESA    CAPPELLA ADORAZIONE PERPETUA   GIARDINO DELLA MISERICORDIA    OASI MADONNA DEL SORRISO
ORARIO SS. MESSE:    FERIALI ore 09.00 - 18.00  -  FESTIVE ore 09.00 - 10.30 - 12.00 - 18.00
DOMENICA 02 APRILE 2023
DOMENICA DELLE PALME  ANNO A
1)  Invoca lo Spirito Santo perché possa aprire il tuo cuore alla comprensione della Parola.
2)  Leggi attentamente il brano del Vangelo
Dal Vangelo di Matteo: (Forma breve: 27, 11-54) “In quel tempo Gesù comparve davanti al governatore, e il governatore lo interrogò dicendo: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Tu lo dici». E mentre i capi dei sacerdoti e gli anziani lo accusavano, non rispose nulla. Allora Pilato gli disse: «Non senti quante testimonianze portano contro di te?». Ma non gli rispose neanche una parola, tanto che il governatore rimase assai stupito. A ogni festa, il governatore era solito rimettere in libertà per la folla un carcerato, a loro scelta. In quel momento avevano un carcerato famoso, di nome Barabba. Perciò, alla gente che si era radunata, Pilato disse: «Chi volete che io rimetta in libertà per voi: Barabba o Gesù, chiamato Cristo?». Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia. Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: «Non avere a che fare con quel giusto, perché oggi, in sogno, sono stata molto turbata per causa sua». Ma i capi dei sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a chiedere Barabba e a far morire Gesù. Allora il governatore domandò loro: «Di questi due, chi volete che io rimetta in libertà per voi?». Quelli risposero: «Barabba!». Chiese loro Pilato: «Ma allora, che farò di Gesù, chiamato Cristo?». Tutti risposero: «Sia crocifisso!». Ed egli disse: «Ma che male ha fatto?». Essi allora gridavano più forte: «Sia crocifisso!». Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto aumentava, prese dell’acqua e si lavò le mani davanti alla folla, dicendo: «Non sono responsabile di questo sangue. Pensateci voi!». E tutto il popolo rispose: «Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli». Allora rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso. Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la truppa. Lo spogliarono, gli fecero indossare un mantello scarlatto, intrecciarono una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una canna nella mano destra. Poi, inginocchiandosi davanti a lui, lo deridevano: «Salve, re dei Giudei!». Sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo. Dopo averlo deriso, lo spogliarono del mantello e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero via per crocifiggerlo. - Insieme a lui vennero crocifissi due ladroni Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a portare la sua croce. Giunti al luogo detto Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», gli diedero da bere vino mescolato con fiele. Egli lo assaggiò, ma non ne volle bere. Dopo averlo crocifisso, si divisero le sue vesti, tirandole a sorte. Poi, seduti, gli facevano la guardia. Al di sopra del suo capo posero il motivo scritto della sua condanna: «Costui è Gesù, il re dei Giudei». Insieme a lui vennero crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra. - Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce! Quelli che passavano di lì lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Tu, che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi e gli anziani, facendosi beffe di lui dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! È il re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui. Ha confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: “Sono Figlio di Dio”!». Anche i ladroni crocifissi con lui lo insultavano allo stesso modo. - Elì, Elì, lemà sabactàni? A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia». E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. Gli altri dicevano: «Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!». Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito. Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono. Uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti. Il centurione, e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, alla vista del terremoto e di quello che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: «Davvero costui era Figlio di Dio!».
3) Rileggilo più volte per interiorizzare ogni Parola
4) Adesso fai silenzio perché Gesù possa parlare al tuo cuore.
5) Rifletti: «Sia crocifisso!» Entriamo nella Settimana Santa, siamo al cuore del Vangelo, accanto ad un Dio appassionato che soffre e muore per amore.
“Gli fecero indossare un mantello scarlatto, intrecciarono una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una canna nella mano destra. Poi, inginocchiandosi davanti a lui, lo deridevano: «Salve, re dei Giudei!». Un re con le mani forate invece di uno scettro, in testa dei chiodi invece di una corona d’oro e per trono, una croce. Questo è il nostro Re e non a caso è questo il simbolo dei cristiani. È un Re talmente potente da lavare i piedi ai suoi discepoli e dare un boccone a chi lo stava per consegnare nelle mani dei suoi assassini. Forse facciamo fatica a essere discepoli di un Dio così, perché siamo tutti a caccia di vittorie, piccole o grandi che siano; perché sogniamo di essere visti, di essere riconosciuti, perché, siamo onesti, desideriamo consenso e attenzioni. Invece, il nostro re, si alimenta di un’altra logica. «Il mio regno non è di questo mondo», dice Gesù. Facciamo fatica a seguire un Dio che rivela la sua regalità nell’amore, nel servire e non nella pretesa d’essere servito. Dio ci ama fino a morirne: questa è la bella notizia del cristianesimo. Un Dio che ci ama, anche se lo rinneghiamo, anche se lo tradiamo, anche se lo rifiutiamo. Insomma il nostro Re non pretende nulla ma semplicemente ci ama di un amore folle perché lui è il Re dei perdenti, dei malati, degli ultimi, dei sofferenti. Il nostro Re è differente dagli altri re perché sa che l’amore o va fino all’estremo o non è amore. L’amore non si ferma prima.
Allora fissiamo lo sguardo sulla croce, lasciamo spazio allo stupore: è un Dio senza bacchetta magica, che si china sui piedi maleodoranti dei suoi discepoli e li lava con cura, che non toglie il dolore, ma lo condivide, che non ci salva dalla morte ma nella morte, che perdona i suoi assassini, che sceglie come primo santo da canonizzare un delinquente crocifisso come lui, che muore solo come un cane perché abbandonato da tutti i suoi amici.
«Scendi dalla croce», gridano. Se fosse sceso, avrebbe vinto la logica del modo, avrebbe dimostrato di essere onnipotente, invece Dio è Amore onnipotente. Solo il Dio di Gesù di Nazareth, non scende dalla croce e si consegna alla morte. Ogni nostro grido, ogni abbandono, può sembrare una sconfitta ma se è gridato al Padre, ha il potere, senza che sappiamo come, di far tremare la pietra di ogni nostro sepolcro.
“A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio”. Matteo colloca al cuore di questa regalità rovesciata, l’intervento di Dio. Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono. Il Vangelo racconta che il sole, la terra, le rocce, il tempio, i sepolcri, i morti e i vivi, tutto è scosso e messo in discussione. Matteo sa che l’ora che sommuove le profondità della storia e del cosmo è questa. All’ora nona è terminato un mondo e ne è nato un altro.
Il velo del santuario segnava la distinzione tra la stanza più interna e più sacra del santuario dal resto del tempio. Il fatto che si sia squarciato in due indica che è ormai caduta la separazione tra Dio e i pagani. Il velo cade. Dio non è più irraggiungibile o nascosto. Dio non è più misterioso e invisibile, ma è visibile in quell’uomo crocefisso.
Dio è lì, appeso per amore alla Croce e in questa infinita distanza tra la sua rivelazione e la nostra attesa, avviene il riconoscimento. «Davvero costui era Figlio di Dio!». Non i discepoli o la folla dei seguaci, nemmeno le donne, ma un centurione e quelli che con lui facevano la guardia alla Croce, riconoscono in Gesù Crocefisso il Figlio di Dio.
Per troppo tempo, forse, abbiamo frainteso la croce come il gusto macabro di amare la sofferenza. La croce non serve a farci venire i sensi di colpa, ma a ricordarci quanto valiamo davanti al Signore. La croce è il segno distintivo per noi cristiani perché è il segno di un amore senza condizioni, un amore folle, un amore disposto a dare la propria vita per chi si ama.
I giorni della passione sono un grande esercizio di discepolato. Gesù di Nazareth ci ha mostrato il giusto modo di vivere ciò che noi sappiamo vivere solo con angoscia. Gesù non ci ha dato la spiegazione del dolore, ci ha chiesto di afferrargli la mano. Solo uniti in quella stretta sperimentiamo davvero il significato della Pasqua: “Passare da una situazione di morte a una situazione di vita”.
Dio sperimenta la morte perché là va ogni suo figlio. Pende nudo e infamato per dirci fino a che punto ci ama.
•    Affronto le difficoltà della vita con la disperazione della morte del Venerdì Santo o con la speranza della Resurrezione? Quante volte nelle prove ho pensato Dio non mi ascolta, mi ha abbandonato o perfino Dio non esiste?
6) Prega: Trasforma in propositi e in preghiera le riflessioni che lo Spirito ti ha suggerito.
Signore Gesù, la croce ci dona un Dio del cui amore vivere e per il cui amore morire. Apri il nostro cuore, per accogliere il tuo infinito dono d’amore. Apri la nostra mente, Signore, per far nostre le tue paradossali logiche di misericordia. Muovi il nostro desiderio, Signore, per amare come tu hai amato. Amen!
Impegno: Anche quest’anno siamo in procinto di rivivere la salita al Calvario del Signore. Possiamo farla nell’indifferenza del “déjà vu” restando ben lontani dal suo dramma, possiamo non interrogarci neppure su chi è quell’uomo schiacciato dal peso della sua croce, possiamo far finta di non vederlo e passare oltre, possiamo aver paura di incontrarlo veramente per non essere costretti a rivalutare le nostre certezze, possiamo non avere tempo per queste cose: preferiamo la quotidianità all’Eternità, possiamo …, o magari no, forse è l’anno giusto per contemplarLo.                                                            
   Buona Settimana Santa
 
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